Sono dolcetti fritti della tradizione popolare calabrese, tipici in particolare della Locride, l’area della città metropolitana di Reggio Calabria sul versante Ionico della Calabria e l’area grecanica, la confinante punta della punta dello stivale d’Italia, dove si parla ancora il Greco di Calabria. Qui, pur essendo gli ingredienti semplici e la preparazione di per sé non elaborata, viene loro data una forma particolare (di cui poi adesso vi parlo), che richiede una certa abilità manuale, ottenuta attorcigliando un pezzetto di pasta intorno ad un bastoncino, o meglio un fuso, e utilizzando uno strumento detto ‘pettine’ o ‘telaio’, che serve a tenere insieme i ‘nnacatuli e a renderli rugosi per far aderire meglio lo zucchero. Secondo lo studioso Casile, cittadino di Bova, bellissimo borgo di quell’area grecanica, un tempo i ‘nnacatuli erano dolci nuziali. Erano considerati pure una specie di biglietto da visita e difatti i futuri sposi, andando ad invitare parenti ed amici, portavano in dono a ciascun componente della famiglia una ‘nnacatula. Era un segno beneagurante e il perchè è presto detto. Con la loro forma elissoidale, con una piccola cuna con dentro una spirale riconducibile ad un bambino, la ‘nnacatola è l’augurio per il concepimento di una nuova vita. E l’origine del nome lo conferma: naca dal greco nakè, significa culla. Anche il fuso è riconducibile alla tradizione greco-pagana, giacchè il fuso era l’attributo delle Moire, le tessitrici della vita e il pettine – almeno così si dice da quelle parti- del dio Dioniso, il dio dell’estasi e della liberazione dei sensi.. E il loro uso sembra che avesse il compito di sacralizzare la preparazione. Il che trovo che sia una pratica molto bella, che aggiunge valore al cibo che mangiamo. Nel Cosentino cambia l’impasto, che è ancora più semplice, così come la forma, simile ad un rosone o ad un fiore. Esiste un dolce omonimo, ma senza la prima ‘n, inconfondibilmente calabrese!, che si fa nella vicina isola eoliana di Lipari. Gli ingredienti della pasta sono gli stessi, ma hanno un ripieno di mandorle sbollentate e pestate e acqua di rose e vengono cotti al forno. Nella Sicilia continentale si aggiungono a volte i pistacchi. Io per quanto riguarda la forma mi accontento della versione più semplice: rettangolini. Per quanto riguarda gli ingredienti, io li preparo con la vanillina – e aggiungo anche un po’ di profumo di cannella – ma tradizionalmente vengono invece aromatizzati con l’anice (liquore) .